Mozart.
Note milanesi


Mostra virtuale a cura di Laura Nicora


IL REGIO DUCAL TEATRO DI MILANO


ASCOLTA L'INTRODUZIONE

Marcantonio Dal Re, Prospetto del gran Teatro di Milano in occasione delle maestose Feste di giubilo per la Felic.ma Nascita di Pietro Leopoldo Arciduca d'Austria [...]
1747, Acquaforte
Civica Raccolta Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano

1. Opere e poeti al Ducale

Il Regio Ducal Teatro viene inaugurato nel 1717.

Costruito a spese delle nobili famiglie milanesi, che, come consuetudine, ottenevano il diritto di proprietà sui palchi assegnati, è attribuito all'architetto e pittore parmigiano Giovan Domenico Barbieri. Venne costruito al posto di un precedente teatro, inaugurato nel 1699, costruito da Ferdinando Bibiena e distrutto da un incendio nel 1708 (la stessa terribile fine che toccherà al nuovo Ducale la notte del 25 febbraio 1776). Nel corso degli anni, il Regio Ducal Teatro di Milano ha visto l’avvicendarsi di opere serie e buffe, napoletane e veneziane, di intermezzi comici e balli. Spopolavano i libretti seri di Zeno e Metastasio, i compositori italiani e tedeschi (Gasparini, Fioré, Porpora, Sacchini, Sammartini, Holzbauer) e le opere buffe della scuola napoletana (Galuppi, Piccinni, Paisiello). Per limitare i costi, talvolta si rappresentavano opere già note, modificandole per adattarle al gusto milanese, perché era fondamentale soddisfare il pubblico, dal quale dipendevano i profitti ed il buon nome del teatro.
Quando Mozart arriva a Milano, nel gennaio del 1770, vede il Regio Ducal Teatro così come era stato disegnato molti anni prima da Gian Domenico Barbieri, allievo dell’architetto Bibiena. La costruzione era costata circa 200.000 lire austriache.

 
 
 
Pianta et Alzata del Novo Teatro [...]
1717. (Fondo Somma)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano
CHARLES BURNEY LO DESCRIVE COSI'

Ogni palco può contenere sei persone che si siedono ai lati, una di fronte all’altra; ma alcuni palchi di fronte alla scena possono ospitare comodamente dieci persone. Di fronte ad ogni palco, attraversando la galleria mediante la quale si accede ad essi, vi è una saletta con il caminetto, fornita di tutte le comodità per i rinfreschi e per giocarvi alle carte. Alla quarta fila di palchi, su ogni lato dell’edificio, c’è una sala per il gioco del faraone aperta durante lo spettacolo d’opera. Di fronte vi è un grande palco, ampio quanto una comune sala da pranzo a Londra, riservato al duca di Modena, governatore di Milano e alla principessa ereditaria sua figlia. […] Durante la rappresentazione il chiasso era incredibile, e non cessò se non quando si eseguirono due o tre arie, e un duetto che mandarono in visibilio l’uditorio. Alla fine del duetto gli applausi scrosciarono con incessante violenza, fino a che i cantanti non lo rieseguirono: è questo il mezzo consueto per ottenere il bis dell’aria favorita.

Il compito di selezionare compositori e cantanti di grido e di reclutare il personale di scena, era demandato ad un gruppo di nobili chiamati “Cavalieri Associati”.

Pur non essendo impresari di professione, avevano buone competenze commerciali e artistiche. Nel 1770 erano trenta e, in teatro, gestivano tra l’altro il gioco d’azzardo e la pubblicazione dei bandi relativi alla sicurezza. Avevano anche il compito di organizzare l’orchestra, che nel 1770 era di 56 elementi, organico molto ragguardevole per l’epoca: 2 cembali, 28 violini, 6 contrabbassi, 2 violoncelli, 6 viole, 2 fagotti, 2 oboi, 2 flauti, 4 corni da caccia e 2 clarini.
Durante l’anno il Ducale proponeva al pubblico tre opere serie, commissionate per la stagione del Carnevale (dal 26 dicembre al primo giorno di quaresima). Il Carnevale Ambrosiano era un importante momento di aggregazione sociale. Per strada e a teatro i cittadini indossavano le maschere tradizionali della Commedia dell’arte e i costumi legati al folklore popolare. All’interno del teatro si poteva entrare con la maschera, ma era prescritto che «presentandosi alcuno in maschera per entrare ne’ palchetti sarà obbligato a farsi conoscere al principale del palchetto o ad avere seco persona che risponda per lui».
Alla frenetica stagione teatrale del Carnevale seguiva quella primaverile: dal lunedì di Pasqua all’inizio di luglio. L’ultima era la stagione autunnale, con rappresentazioni da settembre a novembre (a Milano talvolta si iniziava ad agosto). In tempo di quaresima il teatro rimaneva chiuso. Nell’ultimo decennio di attività si recitava ogni giorno, tranne il venerdì. Erano gli anni ’70, quelli di Mozart.

Avviso del Teatro Ducale relativo all’uso delle maschere.
Milano 21 giugno 1772 (Fondo Somma)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano

Avviso del Teatro Ducale relativo al pagamento del biglietto
16 dicembre 1710 (Fondo Somma)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano
Avviso del Teatro Ducale relativo, tra l’altro, all’uso delle torce
24 dicembre 1750 (Fondo Somma)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano

Negli anni di attività del Regio Ducal Teatro di Milano - dal 1717 al 1776 - per numero di rappresentazioni, spiccano Pietro Metastasio e Apostolo Zeno, ma lavorano per il Ducale anche tanti altri autori: tra questi i cosiddetti “poeti di teatro”.


Nel XVIII secolo essere “poeta di teatro” voleva dire saper comporre versi e adattarli al teatro in musica, saper scrivere interi libretti, ma anche modificare quelli di altri.


A volte le modifiche erano dettate soltanto dalle bizze dei cantanti: nell’opera Ipermestra (1727) i rimaneggiamenti del libretto risultavano talmente fuori contesto, che l’impresa teatrale sentì il bisogno di scusarsi con il pubblico:

“Se, o cortese lettore, incontrerai nelle Arie qualche sentimento non troppo adattato alla scena, sappi, che essendo state poste nel Dramma le dette Arie a piacimento de’ Signori Attori, non si sono potute condurre con tutta la necessaria proprietà, a causa di dovere mantenere il loro primiero impiego nella Musica, e per la scarsezza del tempo”.

Ipermestra
Nel Carnovale dell’anno 1728
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense

Dal 1768 è Giuseppe Parini a ricoprire il ruolo di “poeta” del Teatro Ducale, anche se il suo nome non compare in alcun libretto d’opera da lui scritto o revisionato.


Non abbiamo certezza di quante opere Parini abbia ritoccato o “sistemato”. Di sicuro lo fa con l’Alceste (libretto di Ranieri de Calzabigi e musica di Willibald Gluck), opera scelta dai Cavalieri Associati per l’inaugurazione della stagione 1769. Il conte Greppi chiede a Calzabigi di modificarla per soddisfare il gusto del pubblico milanese, ma il poeta rifiuta, così l’incarico passa a Giuseppe Parini. Calzabigi si indigna a tal punto, che in una lettera a Paolo Frisi apostrofa il collega, giocando sul cognome “Parrini” (cioè preti, Parini era un sacerdote) e alludendo in modo sarcastico al Mattino e alla Sera, poemetti de Il Giorno:

“[…] Hanno fatto a Milano coll’Alceste quello che farebbe ad una dimostrazione Geometrica chi alla figura aggiungesse a capriccio delle linee inutili per arrotondarla, o riquadrarla [...]. Il Poeta del mattino [Il Mattino di Parini], non è per niente proprio per la sera, al lume delle scene [...]. Il Parrini poi non conosce affatto né la concatenazione della frase Poetica Teatrale, né il vocabolario drammatico, tanto diverso da quello della Canzonetta, Poemetto e Sonettino [...]. Preveddi l’esito infelice della storpiata Alceste perché conoscevo il Poemetto del Mattino: Qui calza il nostro trito proverbio: Il buon dì si conosce dal mattino”.
(Biblioteca Ambrosiana di Milano – Manoscritti Y 152 / n. 138, senza data ma fine 1768, lettera a Paolo Frisi).


Tra i documenti superstiti relativi al Ducale, conservati presso l’Archivio di Stato di Milano, c’è soltanto una carta che riporta il nome di Parini in qualità di “poeta di teatro”. Si tratta della lista delle persone che potevano entrare a teatro senza pagare il biglietto. Non è datata, ma risale al periodo tra il marzo e il giugno 1771. Insieme a Parini, nella lista figura anche Domenico Soresi, poeta e scrittore. In quegli anni i due personaggi sono ben conosciuti a Milano, sia per le dispute letterarie con Bandiera e Branda, sia per la loro partecipazione all’Accademia dei Trasformati. Per qualche tempo Soresi supporterà Parini nella revisione dei libretti del teatro Ducale. Giuseppe Parini mantiene l’incarico di poeta del Ducale fino al giugno del ‘71, quando viene sostituito da Giovanni De Gamerra.

Giuseppe Parini
Statua di marmo, Pinacoteca di Brera di Milano
photo by Chiswick Chap
via Wikimedia Commons

Giovanni De Gamerra, “un tempo abate e poi avvocato”, arriva a Milano all’inizio degli anni ‘60.

Pur svolgendo la professione militare per il conte Clerici, come luogotenente di battaglione, scrive poemi d’occasione, si interessa al teatro francese, inglese e spagnolo, ed entra a far parte del circolo culturale della marchesa Serbelloni. Pubblica sul “Mercurio poetico” Le nozze campestri [...] offerta al bel sesso della città di Milano (febbraio 1771) e il Marco Curzio dedicato alla città di Milano.

Presso la Biblioteca Nazionale Braidense è conservato un suo curioso lavoro, intitolato La Corneide / poema eroico-comico / del Dottor / Cornografo / con le annotazioni / di Cornelio Tacito il moderno. In Cornicopoli, per Luca Cornigeria all’insegna del Capricorno 1773. Sotto l’incisione che ritrae l’autore, si legge un motto che spiega lo spirito del poema: “O voi che avete le cervella sane / mirate la dottrina che s’asconde / sotto il velame delle corna umane”.

Giovanni de Gamerra. La Corneide. Poema eroico-comico [...].
In Cornicopoli 1773
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense

2. I cantanti e il balletto


Caterina Gabrielli (1730-1796)

Caterina Gabrielli, passata alla storia come la Cochetta perché figlia di un cuoco, nasce a Roma e studia canto a Napoli con i maestri Garcia e Porpora. Donna bellissima “aveva fatto più conquiste di qualsiasi altra vivente”, ma altrettanto capricciosa, riesce a far perdere la pazienza ai teatri di mezza Europa. I suoi colpi di testa la conducono anche in carcere, dove per dispetto tiene concerti gratuiti tra le acclamazioni dei galeotti. Con Metastasio intrattiene cordiali rapporti epistolari e Giuseppe Parini, conquistato dal suo fascino e dalla sua voce, arriva a dedicarle un sonetto “Quando costei su la volubil scena/ Di celeste bellezza apre i portenti / E il notturno spettacolo serena / Co’ raggi del bel volto, Amor, che tenti? [...]”. Il severo Leopold Mozart invece, la apostrofa senza mezzi termini: “è conosciuta in tutta Italia come una pazza incredibilmente arrogante, che, oltre a sperperare tutto il suo denaro, fa i più strampalati colpi di testa [...]” (lettera alla moglie, 24 marzo 1770 Bologna).

Pompeo Batoni, ritratto della famosa cantante (soprano) Caterina Gabrielli (1730—1796) come Diana
via Wikimedia Commons

Antonia Bernasconi (1741-1803)


Antonia Bernasconi è la prima Aspasia nel Mitridate re di Ponto di Mozart, ma la sua scrittura al Teatro Ducale ha dei curiosi retroscena. La prescelta per il ruolo di Aspasia è Caterina Gabrielli, peraltro detestata dal ministro Kaunitz: “questa è sempre stata una pazza, et una bestia, e tale morirà”, ma la cantante è a Palermo per altri impegni e non può partecipare. Viene dunque scelta Antonia Bernasconi, ma sorge un problema. Corre voce che la cantante, a Venezia, si sia procurata un aborto: “di essersi sgravata di quel frutto che qui aveva acquistato”, colpa grave per la quale viene bandita da Vienna e da ogni Stato tedesco. Nonostante ciò, i “Cavalieri Associati” del Ducale non solo la scritturano, ma le assicurano anche appoggio per le incombenze quotidiane. La Bernasconi ne approfitta sfacciatamente. Al Conte Greppi scrive: “La prego anche di fare insegniare al mio servo dove si può avere di quella istessa legnia che Lei mi favorì, come anche dirci il prezzo”. Chiede perfino di far provvedere all’acquisto delle sue calze di seta: “Nuovamente la prego stimatissimo Sig.re Creppi per le calze di setta, per questa sera son senza calze. Si fosse possibile di andare subito mi farebbe un piacere grande. Si come non ho nessuno di fidato acanto a me che compra senza ingannarmi la prego adunque di ordinare a quello istesso che mi fece, che per domani me ne comprasse non avendone più, il primo giorno di quaresima faremo i conti de tutto”.

Antonia Girelli Aguilar (1730? – dopo il 1773)


Al Teatro Ducale di Milano, nel 1771, Antonia Girelli Aguilar, ballerina e cantante, ricopre i ruoli di Silvia, nell’Ascanio in Alba di Mozart, e di Bradamante, nel Ruggero di Hasse. Il 9 marzo ringrazia il conte Greppi per averle assicurato un’opportunità così importante: “Sono tale e tante le obbligazioni che professo a V.S. Ill.ma che certamente non potrò mai ringraziarla tanto che basti. So quanto si è adoprato in mio favore per farmi cantare in occasione di coteste Reali Nozze [...]. La supplico continuvarmi il suo patrocinio [...]. Antonia M.a Girelli Aguilar”.

Un’allusione alla “cantatrice” Girelli si ritrova anche in un diario, oggi conservato in Ambrosiana, relativo ad alcune pettegole illazioni del “poeta di teatro” Claudio Nicolò Stampa, che gli costano pesanti conseguenze giudiziarie:

“... fu intimato il bando da questo stato al dottor Stampa, poeta del R. D. Teatro... componendo egli in ogni settimana un certo gazzettino manoscritto per distribuirlo nelle conversazioni ... scrivendo di una cantatrice che sosteneva il personaggio di prima donna nel teatro avanzossi a intaccar l’onore della medesima e di un certo Sig. Capitano che era guardia al Palazzo... fu detenuto lo Stampa in prigione e gli si intimò il bando... l’ufficiale soffrì alcuni giorni d’arresto”
(Diario Borrani, Biblioteca Ambrosiana di Milano, Cod. N. S. 30 fol. 15-16).

Da Pietro Verri sappiamo che la “cantatrice” è Maria Antonia Girelli Aguilar e il signor Capitano è il conte Giuseppe Candiani.

Venanzio Rauzzini (1746-1810)


La straordinaria carriera del castrato e compositore Venanzio Rauzzini coinvolge anche il Teatro Ducale di Milano. La sua voce suscita l’ammirazione di un foltissimo pubblico, ma sull’aspetto fisico i commenti maschili divergono totalmente da quelli femminili. Gli uomini sottolineano con sarcasmo che i castrati sono “grassi come capponi, coi fianchi, il sedere, le braccia, il petto e il collo tondi e paffutelli come le donne […] quando parlano senti uscire da quei colossi una vocetta da bambini […]”, le donne hanno tutt’altra impressione, tanto che lo stesso Rauzzini farà girare la testa a molte dame.
Mozart, oltre a comporre per lui il celebre mottetto Exultate Jubilate, gli scrive “su misura” il ruolo di Cecilio nel Lucio Silla.


Nell'immagine: Varie Arie | per S, stromenti | Musica | del Sig. Venanzio Rauzzini .
C.1r (MUSTM.1000)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano
LETTERA DI LEOPOLD MOZART ALLA MOGLIE,
2 gennaio 1773, Milano

La prima sera i cantanti sono agitatissimi per il fatto di esibirsi per la prima volta davanti a un Publico così numeroso. Gli angustiati cantanti dovettero sopportare la propria agitazione, così come l’orchestra e tutto il pubblico impaziente dovettero attendere per 3 ore, e per di più al caldo e molti in piedi, l’inizio dell’opera. Secondo. Va detto che il tenore, che abbiamo dovuto ingaggiare d’urgenza, è un cantante da chiesa di Lodi che non ha mai recitato in un teatro così insigne; avrà giusto interpretato un paio di volte un ruolo da primo Tenore a Lodi, e infine è stato ingaggiato solo 8 giorni prima che l’opera andasse in scena. Costui, dal momento che nella sua prima Aria la prima Donna deve essere oggetto di una manifestazione d’ira da parte sua, ha recitato questo accesso di rabbia in maniera tanto esagerata che pareva volesse prenderla a schiaffi e staccarle il naso con un pugno, al che il pubblico si è messo a ridere. Nella foga del canto, la Siga De Amicis non si è resa subito conto del perché il pubblico ridesse, ne è rimasta disorientata e all’inizio non capiva di chi stessero ridendo, e per tutta la prima sera non ha cantato bene, anche perché si è aggiunta l’invidia per il fatto che il Primo Uomo [Venanzio Rauzzini], non appena ha fatto il suo ingresso sul palcoscenico, è stato applaudito dall’Arciduchessa. Questo è stato un colpo da castrato, in quanto lui aveva fatto giunger voce all’Arciduchessa che non sarebbe riuscito a cantare per via del panico, per ottenere così che la corte gli facesse subito courage con un applauso

Il Balletto


Al Teatro Ducale di Milano il balletto è amatissimo: si svolge dopo ciascun atto d’opera ed è eseguito da ballerini professionisti. Le compagnie, dirette da Gasparo Angiolini, Carlo Le Picq e Jean-Georges Noverre mettono in scena un notevole numero di ballerini: fino a 8 principali, 44 danzatori e 36 figuranti. Le scene predilette dai milanesi sono quelle di soggetto marziale, venatorio, navale e pastorale. Ogni scena può durare oltre un’ora.

Teresa Fogliazzi

Tra le carte ancora inedite conservate negli archivi milanesi, troviamo alcune informazioni relative all’attrice e ballerina Teresa Fogliazzi sorella di Francesco, accademico dei Trasformati e moglie, dal ‘54, del coreografo Gaspare Angiolini. La donna è ricordata anche da Pietro Verri: “Io ho ascoltato una volta in vita mia a declamare bene ed era la Fogliazzi ballerina” (Pietro e Alessandro VERRI, Carteggio [...], lettera del 30 novembre 1771).
È probabile che sia stata proprio Teresa Fogliazzi, donna colta e ammirata, protetta dal ministro Kaunitz, e amica di Metastasio, a far ottenere a Giuseppe Parini la nomina a poeta del Teatro Ducale. “[…] il nostro abate Parini mi dà precisa commissione di trasmetterle la qui inclusa prolusione; pensi il mio caro Sig. compare con quanto piacere l’addempio sapendo la stima, l’attaccamento ch’egli ha di lei e l’amicizia ch’ella ha di questo stimabile letterato [...]”
(Archivio di Stato di Milano, Fondo Greppi, cartella n.401, residui, lettera del 16 dicembre 1769).


3. Gli scenografi e gli stampatori

Allestimento scenico al Teatro Ducale


Il melodramma è uno spettacolo complesso e composito, in grado di creare atmosfere suggestive che coinvolgono le emozioni dello spettatore. Una grandiosa mole di macchinari porta in scena ambientazioni fantastiche e in continuo mutamento, che sono fondamentali per il successo di un’opera.
L’importanza dell’ambientazione scenica fa nascere una nuova figura specializzata, l’architetto teatrale, che non è solo un progettista di sale da teatro, ma deve anche inventare scenografie e macchinari. Si tratta di una specializzazione tipicamente italiana che avrà un’importante risonanza in tutta Europa, dove gli architetti-artisti verranno chiamati per portare sul palco le loro creazioni.
Sotto Eugenio di Savoia (1711-1716) collaborano con il teatro di Milano, come architetti teatrali, Giovanni Battista Medici e Giovanni Domenico Barbieri, ambedue allievi del grande architetto Bibiena. Nel 1717, Barbieri progetterà anche il Nuovo Regio Ducal Teatro.
Le scenografie delle prime opere del Ducale sono affidate anche a un altro allievo del Bibiena: Pietro Righini (1683-1742). Sua è la scenografia del Costantino, che inaugura il teatro nel 1717. A lui si devono molte novità tecniche; tra queste, la delimitazione di un primo piano scenico, che fa da cornice all’allestimento circostante, creando un distacco fisico tra il palcoscenico e la sala.
Altri architetti teatrali si susseguono al Ducale. Dal 1739, per alcuni anni, le scenografie sono curate da Innocente Bellavite: i suoi lavori “tradiscono un’educazione al metodo secentesco [...] L’aspirazione a rendere le scena indipendente dall’ambiente teatrale cerca di esprimerla come in una sorta di quadro”. Dal 1742, è la volta dei fratelli Galliari, che collaborano con il Ducale fino al 1776. La sigla “Fratelli Galliari” raccoglie tre generazioni: dapprima Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio e in seguito i figli di Fabrizio, Giovannino e Giuseppino. Ai Galliari si devono le scenografie delle opere milanesi di Mozart: Mitridate re di Ponto, Ascanio in Alba e Lucio Silla.



Nelle immagini: Direzioni a’ giovani studenti nel disegno dell'architettura civile, nell'Accademia Clementina dell'Instituto delle Scienze, unite da Ferdinando Galli Bibiena [...].
In Bologna, nella stamperia di Lelio dalla Volpe, 1731-1732 (RISER.B.44)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano

Il libretto d'opera

Il libretto d’opera nasce con l'intento di offrire allo spettatore una guida alla rappresentazione, ma si rivela nel tempo anche fonte preziosa per ricostruire le varie esecuzioni che, a differenza di oggi, erano di volta in volta adattate alla circostanza, al luogo, ai cantanti e al gusto degli spettatori. È proprio l’occasionalità a rendere il libretto d’opera raro e unico, sia nel caso di prime assolute che di rappresentazioni successive. Oltre a riportare il testo poetico su cui si sviluppa la musica, il libretto fornisce informazioni relative all’attività dietro le quinte, permettendo si risalire non solo alla genesi di un evento teatrale, ma anche alle vicende delle maestranze e degli operatori che hanno contribuito alla realizzazione.

MOZART MOSTRA 3
Romolo et Ersilia [...]. Rappresentato in occasione delle nozze delle AA. LL. RR. L’Arciduca Leopoldo d’Austria e l’Infanta D. Maria Luisa di Borbon [...].1765. Frontespizio. Musica di Johann Adolf Hasse
Collezione privata
MOZART MOSTRA 3
Egeria. Festa teatrale Da Rappresentarsi in Musica Nell’Imperial Corte per l’Incoronazione della Sacra Reale Maestà di Giuseppe II re de Romani [...] 1764. Musica di Johann Adolf Hasse
Collezione privata


Pubblicato di solito in piccolo formato - così piccolo da stare in una mano - il libretto d’opera nasce con gli albori del melodramma, come ausilio allo spettatore-ascoltatore, dal momento che “rappresentandosi l’opera in sale molto grandi, non è possibile far sentire a tutti la parola. E la tanta musica, mancando all’udito la parola, viene noiosa”. (Emilio de' Cavalieri, Rappresentazione di Anima, et di Corpo Roma, Mutij 1600)

Il Silandro [...]. Da rappresentarsi nel Regio e Ducale Teatro di Milano l’anno 1707.
Collezione privata

In mancanza di figli maschi, alla sua morte subentra nell’attività il nipote Giuseppe Richino il quale, oltre ad ottenere il riconoscimento dei privilegi e diritti del nonno, ne assume anche il cognome. Così Giuseppe Richino Malatesta diventa stampatore camerale, con sede a palazzo Ducale, con l’esclusiva della stampa e della vendita dei libretti, sia per le opere serie che per le buffe. Tra i suoi obblighi, c’è quello di stampare i libretti nella loro interezza, con buoni caratteri e su buona carta. Ma la qualità dei lavori risulta essere di gran lunga inferiore rispetto a quella del suo predecessore. Così, dal 1768 gli verrà tolto l’incarico di stampatore per il Teatro Ducale. L’ultimo suo libretto è l’Alceste di Gluck-Calzabigi, rivisto da Giuseppe Parini.

Stampatori del Ducale

I Malatesta
Marco Antonio Malatesta è l’erede di una dinastia di stampatori attivi a Milano dalla fine del ‘500. Da inizio ‘700 ottiene l’incarico di stampare i libretti per il Teatro Ducale, ma grazie ad altri privilegi di stampa, il suo nome si ritrova anche su editti e avvisi camerali.

Ranieri Calzabigi, Alceste, dramma tragico da rappresentarsi nel Regio-Ducal Teatro di Milano nel carnovale dell'anno 1769, dedicato a sua altezza il duca di Modena, Reggio, Mirandola ec. ec. [...] [compositore della musica Pietro Guglielmi]
In Milano, Giuseppe Richino Malatesta, 1768 (COLL.LIB.141)
Biblioteca del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano

Altri stampatori del Ducale

Sono molti gli stampatori che collaborano con il Ducale. Da Giovanni Montani, consigliere dell’Università Libraria e Tipografica (tra i suoi libretti, il Mitridate re di Ponto di Mozart), a Giambattista Bianchi che pubblica nel 1771 l’Ascanio in Alba di Mozart, a Francesco Morelli che stampa il Ruggero di Hasse. Tra gli altri nomi ricordiamo gli stampatori Agnelli, Giuseppe Marelli e Giuseppe Galeazzi. A loro dobbiamo le migliori edizioni milanesi figurate di quegli anni (Marelli è anche editore delle opere di Parini e di Pietro Verri).

Testatine e finalini contenuti nei libretti d’opera. XVIII secolo
(Collezione privata)
 

Wolfgang Amadeus Mozart, Lucio Silla K 135, sinfonia
Testo: Giovanni de Gamerra, con modifiche di Pietro Metastasio
Molto allegro, Andante, Molto allegro
Composizione: Salisburgo e Milano, ottobre-dicembre 1772
Prima esecuzione: Milano, Teatro Regio Ducale, 26 dicembre 1772